Il principe dei poveri

Umberto Castagna

ISBN: 9788897420330
Nr. pagine: 224
Formato: 15x21

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Il Servo di Dio FRANCESCO PAOLO GRAVINA, grande benefattore dei poveri e Fondatore delle Suore di Carità.

 

Saloni scintillanti di specchi e di marmi pregiati, una vita brillante a Palermo alla corte di Ferdinando I di Borbone, giovani donne ricche ed eleganti dagli occhi curiosi e interessati, questi i primi trent'anni della vita di Francesco Paolo Gravina, principe di Palagonia, che a diciannove anni sposava una delle donne più belle e desiderate della società siciliana dell'Ottocento.

Poi il crollo morale provocato dal tradimento e dall'abbandono della moglie. La vita non sarebbe stata difficile per un giovane ricchissimo com'era lui, proprietario di palazzi e ville.

Quei palazzi e quelle ville si riempirono presto, invece, di mendicanti, di miserabili, di barboni che si rifugiavano sotto i ponti, di bambini e giovani donne e ragazzi destinati alla malavita.

Francesco Paolo Gravina aveva deciso di rispettare il sacro vincolo del matrimonio e la sua scelta era stata, dopo il dramma della separazione dalla donna amatissima, di dedicare la sua vita all'amore di Cristo e dei poveri.

Dopo oltre centocinquant'anni, l'istituto delle suore fondate da lui prosegue la sua scelta coraggiosa d'amore, e, dalla Sicilia al Brasile, all'Africa, alla Romania, alla Birmania-Myanmar, le sue figlie, liete e innamorate di Cristo, portano il suo messaggio.

 

 

DAL TESTO:

UN MATRIMONIO SINGOLARE

I genitori

La storia della famiglia Gravina è una storia lunga, ricca di imprese, di personaggi illustri, grondante titoli nobiliari, e, principalmente, ricca. 

Case che erano palazzi, grandi ville adagiate in vasti e fecondi terreni, perfino miniere di zolfo, e molto denaro.

Erano attenti amministratori, i Gravina di Palagonìa e di Lercara, così attenti e astuti calcolatori che i genitori di Francesco Paolo, il loro unico erede maschio, erano zio e nipote, uniti in un matrimonio d’interesse che avrebbe impedito di portare il nome e le immense ricchezze in casa di altri nobili, spesso avidi perché squattrinati.

Nonostante questa premessa, Maria Provvidenza e Salvatore Gravina furono una coppia bene assortita. Francesco Paolo, ottavo e ultimo principe di Palagonìa, del quale ricordiamo la vita con questo libro, fu uno dei frutti di questa singolare unione, che, celebrata nel 1786 e durata circa vent’anni, si rivelò feconda (ben sette figli!) e solida, e molto probabilmente felice.

Merito anche, certamente, del padre di Francesco Paolo, uomo dalla lunga vita serena e dal carattere ottimista e gioviale. È importante conoscere bene colui che educò il Servo di Dio per comprenderne a fondo l’anima.

Generoso con i poveri, benefattore di istituti di suore, Salvatore Gravina amava vivere e si circondava di ambienti sereni. 

Tolse ogni aspetto di severità solenne e tetra dai palazzi e dalle ville di proprietà dei principi di Palagonìa; ricolmò di luce, di specchi, di affreschi, di maliziosi medaglioni perfino la famosa villa dei mostri, celebre nel mondo per la descrizione impressionata che ne fece Goethe dopo averla visitata, e arricchì di motivi di squisita eleganza l’altra villa sulla via di Monreale, al cui ingresso fece porre due figure allegoriche: Il Silenzio e La Bellezza, per invitare gli amici che accoglieva nella sua casa a godere di una inalterata pace dello spirito.

La mamma di Francesco Paolo era Maria Provvidenza, unica figlia ed erede universale dei Gravina. Aveva sposato suo zio Salvatore l’8 gennaio 1786 nella parrocchia della cattedrale di Palermo.

Era giovanissima. Così giovane che l’unione effettiva tra i coniugi fu consentita solo nel 1790, quando aveva circa sedici anni e si ritenne che fosse in grado di affrontare la prima maternità, che come vedremo non fu nemmeno felice.

 

Ma intanto il matrimonio con Salvatore Gravina nel 1786 aveva messo un punto fermo alle ossessive aspirazioni della famiglia perché fosse evitata la fine del nome e la dispersione del patrimonio.

Mentre del marito è facile dedurre e quindi descrivere il carattere e l’atteggiamento vitale – sia dal modo di affrontare l’esistenza che dalla realizzazione delle idee – quasi nulla si riesce a sapere di questa giovane donna, il cui compito sembra limitato (dagli uomini) semplicemente a mettere al mondo un erede alla famiglia Gravina.

Infatti, l’unica persona alla quale non sarà stato chiesto neppure il parere sul matrimonio con Salvatore è Maria Provvidenza, che – come tutte le donne di casa Gravina – tace. E acconsente.

La storia di questa famiglia, come la storia di quasi tutte le famiglie nobili e potenti della storia non solo siciliana, è una storia di uomini; le donne solitamente appaiono solo come nomi di mogli (“Girolamo Gravina sposò Contissella Moncada”, “Ferdinando Francesco I sposò Anna Lucchese”, “Ignazio sposò Margherita Alliata”, eccetera) e poi scompaiono. Tacciono per sempre, come se la loro funzione fosse appunto solo quella di dare l’erede all’orgogliosa famiglia e poi sparire.

Maria Provvidenza vive per circa vent’anni all’ombra del vivace marito, e gli dà ben sette figli. 

Il 25 aprile 1789, un anno dopo la morte del padre (il misantropo principe Ferdinando Francesco II, soprannominato il negromante per la sua vita misteriosa), s’investe del principato e delle proprietà dei Palagonìa per consegnarli un giorno all’unico figlio maschio sopravvissuto, Francesco Paolo, l’erede desideratissimo.

Maria Provvidenza muore a trentun anni, dopo tante gravidanze e tanto obbediente silenzio.

Tante gravidanze. Alla fine del 1790, anno nel quale lei e Salvatore Gravina iniziarono la loro vita coniugale, nacquero i primi due figli, due maschietti gemelli, che appaiono e scompaiono dalla scena della vita, lasciando nell’angoscia la giovanissima madre. 

Negli anni successivi, dal 1792 al 1797, la casa dei Gravina è allietata dalla nascita di ben quattro figlie, ma non ancora del desideratissimo maschio.


La rivoluzione alle porte

Sono gli anni che preparano la Rivoluzione francese e, dopo di essa, del grande sommovimento politico e sociale di tutta l’Europa che ne nasce. L’Italia viene percorsa da fremiti che, però, sembrano fermarsi sulle sponde della Calabria. Lo Stretto di Messina fa come da cuscinetto che ammortizza gli urti e ne impedisce il propagarsi nell’isola.

Bisogna dire quindi che la vita dei principi di Palagonìa non subisce alterazioni perché la città di Palermo, dove vivono, appare lontanissima da ogni evento. I due coniugi, tutti presi dal loro grande problema – la nascita dell’erede maschio – non sembrano preoccuparsi dei grandi moti europei. Fino alla primavera del 1799.

L’aria si fece più calda, Palermo più luminosa e profumata dalla zagara degli agrumeti che l’assediavano tutta. Ma la città era stata invasa dalla famiglia reale in fuga da Napoli per la rivoluzione repubblicana, e i principi di Palagonìa offrirono, come molti nobili siciliani, di ospitare parte della corte borbonica. L’ambasciatore inglese a Napoli, sir William Hamilton, con la giovanissima moglie Emma e l’ammiraglio Orazio Nelson accettarono l’offerta dei Gravina e si stabilirono nel loro palazzo.

Cerchiamo allora di capire in quale genere di vita siano stati proiettati, come e più di altri nobili palermitani, i Palagonìa, a causa di questo avvenimento dall’apparenza trascurabile.

L’aria di casa – già signorile – ma un po’ provinciale – fu completamente rinnovata, e fu un bene perché divenne europea, internazionale, pur dovendo sopportare l’influenza mondana, frivola e piuttosto corrotta portatavi dai singolari personaggi che l’avevano invasa.

La loro quieta vita dovette essere sconvolta da quella tempesta che fu l’invasione della corte napoletana a Palermo, e in casa loro da quell’uragano di donna che era lady Hamilton. 

Maria Provvidenza era un’altra volta incinta. La nascita del settimo figlio, che si auspicava fosse il desideratissimo maschio, era prevista per la fine dell’anno o per i primi del nuovo. Il nuovo anno sarebbe stato anche l’inizio del nuovo secolo.

 

È strano come Dio prepara il terreno ai suoi prescelti. Il turbine della corte napoletana a Palermo e degli Hamilton in casa Palagonìa non sarebbe apparso a nessuno l’adeguata preparazione all’esistenza di un protagonista della vita spirituale.

 

L’erede di un grande nome

Francesco Paolo Gravina nacque il 5 febbraio 1800 nel palazzo di famiglia in via Palagonìa, a Palermo.

L’erede dei Gravina di Palagonìa era finalmente nato. Possiamo senza difficoltà immaginare il sorriso soddisfatto di don Salvatore, che aveva finalmente donato alla famiglia il continuatore del nome e a se stesso la piena giustificazione del suo singolare matrimonio, e il sorriso appagato di donna Maria Provvidenza, che con la conclusione felice di quest’ultima gravidanza – portata faticosamente ma con amore e senso del dovere – vedeva la coronazione di una lunga ed estenuante attesa.

Le sorelline erano in festa: questo maschietto in mezzo a tante femminucce era una novità assoluta. Con molto sussiego e dandosi grandi arie d’importanza, Agata, di otto anni, la più grande, gli fece da madrina insieme allo zio Saverio. Mentre Francesca Paola, che ne aveva cinque, Giulia quattro e Gioacchina addirittura tre, dovettero accontentarsi di mangiarselo con gli occhi, quel fratellino piccolo piccolo e scuro di pelle e di capelli come tutti i Gravina.

Dall’atto del battesimo risultano due cose: la prima è che il nome esatto impostogli fu Francesco di Paola e non Francesco Paolo, come è comunemente ricordato. La devozione per il santo calabrese del ‘400 era (ed è tutt’ora) grandissima in tutto il sud d’Italia e prendeva aspetti particolarmente vistosi presso la nobiltà e la casa regnante di Borbone.

L’altra osservazione che viene spontanea è che i genitori cristiani di qualche tempo fa puntellavano i loro figli di nomi di santi, sciogliendo voti e perpetuando tradizioni, ma anche che il confronto tra quella devota – ed esagerata! – consuetudine e l’attuale uso di imporre ai figli nomi che non hanno nessun rapporto con la fede né con le tradizioni familiari è traumatizzante. L’interminabile elenco dei tredici nomi imposti a Francesco di Paola Ferdinando Gravina e l’aggressività di certi nomi barbari (quando non vagamente canini) imposti ai bimbi delle coppie di oggi ci dice che siamo agli estremi di due civiltà diverse.

 

La mamma lo lasciò presto.

Maria Provvidenza Gravina morì il 24 aprile 1805, a trentun anni. Quei primi cinque anni di vita dovettero essere determinanti per Francesco Paolo, ma anche quella scomparsa definitiva e inspiegabile per un bambino così piccolo dovette essere traumatizzante. La prima e la più importante delle donne di palazzo Palagonìa se ne andava drammaticamente.

Con la sua morte, Francesco Paolo diventava di diritto l’ottavo principe di Palagonìa. Il padre (che non aveva diritto alla successione per i complicati cànoni nobiliari) rimase suo tutore, e tutti cominciarono a chiamare “Sua Eccellenza il Principe di Palagonìa” quel piccolo bimbo senza mamma.

La capitale siciliana splendeva in quegli anni di vita brillante, perché re Ferdinando I di Borbone ne era innamorato e lui e la corte napoletana dopo pochi anni vi si erano nuovamente stabiliti nel 1806 e vi rimasero fino al 1814, anno del loro definitivo ritorno a Napoli. E quegli anni coincisero con la crescita di Francesco Paolo e il suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

Anni straordinari per Palermo: “Dal 1799 al 1814 – scriveva un cronista dell’epoca – la Sicilia prosperò. Durante tutti questi anni la quasi ininterrotta guerra in tutta l’Europa… aveva portato non soltanto Corpi Diplomatici, ma anche molte famiglie ricche ed amanti di viaggiare e di cambiare aria: russe, tedesche, inglesi e spagnole…”.

È importante per noi sapere in quale atmosfera di internazionalità si sia sviluppata la giovane vita di Francesco Paolo, il quale, appartenendo ad una delle famiglie principali della capitale siciliana, viveva intensamente la vita di corte. Conoscere le sue basi umane, la sua formazione mondana, per poi stupirsi della sua profonda vita spirituale e della sua capacità di sollevarsi a Dio. 

 

 


Indice del libro

 

PRESENTAZIONE

PREMESSA DELL'AUTORE

 

UN MATRIMONIO SINGOLARE

I genitori

La rivoluzione alle porte

L'erede di un grande nome

Rondini in volo

 

UN UOMO E UNA DONNA

Ritratto di gentiluomo

Ritratto di dama

Dieci anni di solitudine

Un servo in livrea

 

UN ANNO DI PASSIONE

1829-1830: tante strade

La "conversione"

Seguendo il Poverello

 

L'INCREDIBILE AVVENTURA

La sfida

Porte aperte

Nuova vita in casa Gravina

"Chi è costui che viene?"

 

SOGNANDO LA "CASA DI LAVORO"

La preparazione

Altro giro di boa

Il "Progetto"

 

IL DEPOSITO DEI MENDICI

Fuori porta

Concretezza di un organizzatore

L'immenso stuolo

 

LUI E I MENDICANTI

I mendicanti

La rieducazione dei superiori

Pigri, indolenti e malsani

 

"DA QUESTO VI RICONOSCERANNO..."

Il "Cenno storico"

Dettagli di una mente sveglia

 

IL COLERA DEL 1837

Il coraggio di restare

Costi quel che costi

L'impegno quotidiano e sotterraneo

 

LE SUORE DI CARITA'

La faticosa rinascita

Le Suore di Carità

Figlie di un principe

L'Albergo dei Poveri

 

LA MATURITA'

La giornata di un uomo di Dio

Il grande sogno

 

IL TESTAMENTO

La rivoluzione del '48

"Questi giorni di pace..."

Un testamento "mistico"

L'ultimo principe

 

LA SUSSISTENZA E L'ONORE

Principe di pace

Mezzo secolo

Coraggio e tenacia

Le ultime disposizioni

 

DOVE SI FINISCE CONTINUANDO

"Io qui sottoscritto..."

Le inutili spese

L'estrema visione

 

ORIZZONTI DI GLORIA

La causa di beatificazione

Dieci anni di approfondimento

Il ritorno dal silenzio

 

L'UOMO E IL SUO CARISMA

La laicità è un valore

Un'anima francescana

Spiritualità graviniana

Nel mondo ma non del mondo

 

NOTA BIBLIOGRAFICA

INDICE

BIOGRAFIA DELL'AUTORE

 

 


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